Isole dei Ciclopi ad Aci Trezza
Le isole dei Ciclopi si trovano a largo delle coste catanesi, nel comune di Acicastello e, in piccola parte, in quello di Acireale. Su questi territori, nel 1989, è stata istituita la riserva marina protetta.
Le isole che formano questo arcipelago sono: l’isola di Lachea, l’isola Faraglione Grande, Faraglione di Mezzo e il Faraglione degli Uccelli. Visitare questi posti è davvero un’esperienza unica: abbracciati dal sole e circondati dal mare, mentre si attraversano distese di splendente natura e in lontananza l’Etna che domina maestoso.
Oltre le numerose bellezze paesaggistiche, le isole Ciclopi, offrono anche rare testimonianze letterarie, archeologiche ed eccezionali eventi geologici. Ma c’è di più, nei fondali marini si nascondono luoghi incantati, abitati da numerose specie di pesci.
Isola di Lachea
L’Isola Lachea è attraversata da una spaccatura che sembra la tagli in due e che si estende fino alla parte sommersa dell’isola formando un piccolo canyon tutto da scoprire. Ha una pianta ellittica e le parti più alte sono di un colore bianco che contrasta con il nero delle rocce vulcaniche.
I faraglioni sono tre e sorgono a sud dell’isola di Lachea. Le prime tracce sull’isola risalgono all’epoca preistorica, testimoniato dalla presenza di due piccole tombe a grotticella che nel corso degli anni sono state adattate a diversi usi. A nord-est delle grotte, dopo la scalinata che conduce al Museo dell’Isola, si trovano due grandi buche circolari profonde un metro, dove gli archeologi hanno rinvenuto utensili dell’età tardo romana.
A pochi passi dalla riva si trova un piccolo fabbricato che oggi ospita il laboratorio biologico marino e di lì a pochi passi parte il sentiero che porta alla sommità dell’isola dove troviamo il Museo, la Cisterna e la Grotta del Monaco dalla quale si può godere di un meraviglioso panorama.
Nel Museo si possono ammirare delle collezioni che rappresentano alcuni aspetti faunistici, floristici, geologici e archeologici dell’isola.
Faraglione Grande
Il Faraglione Grande, o di Santa Maria, è l’unico dei faraglioni che è stato toccato dall’intervento dell’uomo testimoniato dalla presenza di una scala in muratura che conduce fino ad una piazza dove è sistemata la statua della Vergine (segno di devozione dei pescatori).
Gli altri due Faraglioni, molto più piccoli per dimensione, non presentano particolarità.
A queste quattro isole si accompagnano dei piccoli scogli chiamati “U zu lanu di Fora” e “U zu lanu di Terra” e altri tre faraglioni che il mare ha tenuto nascosti. Questi tre faraglioni non raggiungono la superficie dell’acqua e dominano con imponenza i fondali.
Isole dei Ciclopi: il mito di Aci e Galatea
Narra la leggenda che in questo lembo della Sicilia orientale compreso tra l’Etna e il mare, vivesse una splendida ninfa chiamata Galatea, figlia di Nettuno. La giovane era innamorata del pastorello Aci, con cui soleva amoreggiare lungo una spiaggia della costa. Erano creature diverse, appartenenti a due mondi differenti: figlia del mare, Galatea era una Nereide, ovvero una delle 50 ninfe che avevano il compito di proteggere i marinai, mentre il regno di Aci era tra i boschi e le montagne.
Ogni giorno, al tramonto, i due si separavano, con la promessa di ritrovarsi all’indomani. Ma in quella zona viveva anche il ciclope Polifemo, gigante monocolo innamorato di Galatea. Polifemo era al servizio di Efesto, dio del fuoco, e lavorava nella sua fucina, all’interno del vulcano Etna, dove forgiava i fulmini di Zeus e altre opere mirabili come ad esempio l’armatura di Achille.
Il classico triangolo amoroso è illustrato da Galatea in questo passo tratto dalle Metamorfosi di Ovidio:
“Aci era figlio di Fauno e una ninfa nata in riva al Simeto:
delizia grande di suo padre e di sua madre,
ma ancor più grande per me; l’unico che a sé mi abbia legata.
bello, aveva appena compiuto sedici anni
e un’ombra di peluria gli ombreggiava le tenere guance.
Senza fine io spasimavo per lui, il Ciclope per me.”
Un giorno, Polifemo vide i due innamorati che si intrattenevano sulla riva del mare. Accecato dalla rabbia, sradicò alcuni alberi, quindi prese un masso gigantesco e lo lanciò contro Aci, uccidendolo. Il masso continuò la sua corsa e finì in mare, dando origine all’attuale isola di Lachea. Distrutta dal dolore, Galatea pianse tutte le lacrime del mondo, al punto che gli Dei ebbero pietà di lei. Trasformarono Aci in un fiume, e la ninfa in schiuma del mare, cosicché i due innamorati potessero abbracciarsi per l’eternità.
Isole dei ciclopi. Il “sangue” di Aci
Il fiume Aci sgorga dall’Etna e scorre in gran parte sotterraneo, gettandosi in mare proprio in quel tratto di costa in cui s’incontravano i due innamorati. Qui, a testimonianza di quel tragico amore, c’è una sorgente d’acqua dolce dal caratteristico colore rossastro che i siciliani chiamano “u sangu di Jaci”, il sangue di Aci.
Il corpo del pastorello, smembrato in nove parti, venne scaraventato lontano da Polifemo, e dove ricaddero i vari pezzi vennero fondate nove località che presero tutte il nome dello sventurato pastorello come prefisso, seguito dal suffisso che contraddistingue i diversi centri abitati. (Aci Trezza, Aci Reale, Aci Castello, Aci Sant’Antonio, Aci Santa Lucia, Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Platani e Aci San Filippo).
Ulisse e Polifemo
Quello di Aci e Galatea non è l’unico mito legato a questi faraglioni. Un’altra importantissima leggenda che aleggia nell’arcipelago è quella relativa all’incontro tra Ulisse e Polifemo, che simboleggia la vittoria dell’intelligenza e dell’astuzia sulla forza bruta. Questo mito, narrato da Omero nell’Odissea, racconta che Ulisse sbarcò con i suoi compagni proprio sull’isola di Lachea, causa della morte di Aci.
Il ciclope divorò sei dei suoi uomini, ma Ulisse riuscì a fuggire, ingannando Polifemo con un abile stratagemma. In preda all’ira, il gigante prese dei sassi e li scagliò contro i fuggitivi. Quelle pietre finirono in mare e formarono gli attuali faraglioni dell’arcipelago.
I Malavoglia di Verga e La terra trema di Visconti ambientati nelle isole dei Ciclopi
Uno scenario magico quello delle isole dei Ciclopi, terra di favolosi amori e avvincenti leggende. Un palcoscenico davvero unico, che ha affascinato anche la letteratura e il cinema. I faraglioni di Aci Trezza costituiscono infatti l’ambientazione dei Malavoglia di Giovanni Verga, nonché del film La terra trema di Visconti, ispirato al libro.
Visitare le isole dei Ciclopi
L’arcipelago è un paradiso naturalistico dove è possibile nuotare, immergersi o effettuare escursioni in barca. Visitare questi luoghi meravigliosi, in cui risuona ancora l’irresistibile richiamo dei racconti mitologici, rappresenta un’esperienza indimenticabile.
Dalla spiaggia di Acitrezza si possono ammirare i faraglioni in tutto il loro splendore, specialmente quando il chiarore dell’alba o la luce del crepuscolo le ammanta di un’aura incantata. Si può fare un bagno nel mare cristallino, inseguendo le suggestioni della favola di Aci e Galatea, alla ricerca di quei vortici in cui il pastorello fa sentire ancora oggi la sua presenza, attraverso spinte di acqua fredda e non salata provenienti dal fondale.
Isole dei ciclopi, cosa fare
Ci si può tuffare nelle acque turchesi dell’arcipelago, praticando snorkelling o cimentandosi in immersioni più impegnative, che consentono di esplorare la straordinaria fauna sottomarina o le meraviglie archeologiche sommerse. Oppure si può prendere una barca o un battello con fondo trasparente per ammirare la ricca vita subacquea, costituita da praterie di Posidonia oceanica, numerosi pesci e da tutte le specie di invertebrati.
Tra di essi, oltre a polipi, molluschi e crostacei, spicca l’Alicia mirabilis, la più grande attinia del Mediterraneo. Tutta l’area della riserva costituisce un importante punto di convergenza tra la fauna ionica e quella tirrenica, nonchè un’area di ripopolamento marino.
Infine, si può noleggiare una canoa o un pedalò per raggiungere l’isola di Lachea, divisa in due parti da una grossa fenditura, una sorta di canyon naturale. Come i faraglioni, Lachea è di natura vulcanica, costituita da lave colonnari intercalate da materiale di natura argillosa. Qui vive una piccolissima lucertola endemica con una chiazza rossa sul collo, la Podarcis Sicula Ciclopica. Sull’isola si possono visitare il piccolo museo naturalistico e il laboratorio di biologia marina, oppure esplorarne la superficie, percorrendola fino alla sommità.
Qui, presso la grotta del monaco, si può godere di un panorama meraviglioso. Sullo sfondo risalta la maestosa figura dell’Etna, mentre sull’altro versante l’immensità del mare abbaglia la vista. E nelle calde giornate di sole, su quelle rocce accarezzate dalla brezza e lambite dalle onde, sembra quasi di avvertirlo, il tocco impalpabile del mito.
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