La “Festa dei Morti”: tradizione siciliana

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La "Festa dei Morti": tradizione siciliana- Il Viaggio in Sicilia

Storia, origini e tradizioni nel giorno della festa dei morti in Sicilia.

Il 2 Novembre è il giorno dedicato alla commemorazione dei nostri defunti; per i siciliani, ma in particolare per i bambini, diventa la “Festa dei Morti”. Si narra che anticamente, nella notte tra l’1 ed il 2 novembre, i defunti visitassero i cari ancora in vita, portando ai bambini dei doni.

Come vuole la tradizione siciliana, la sera prima della festa, i genitori ricordano ai loro figli, prima di andare a letto che, se sono stati bravi e hanno recitato le preghiere riceveranno tanti regali, e loro vanno a letto con la speranza d’essere ricordati da nonni e familiari trapassati. Sul tardi i genitori preparano “u cannistru” (le ceste) con i dolci tipici e nascondono i giocattoli nei punti più reconditi dell’abitazione.


Un tempo era d’obbligo comprare ai bambini la “Pupaccena” o “Pupa ri zuccaro“, una statuetta di zucchero colorato rappresentante solitamente ballerine per le bambine e cavalli con rispettivo cavaliere per i maschietti, ora sostituite con personaggi di cartoni animati molto più appetibili per i nostri piccoli.

La pupaccena trionfava al centro di un cesto pieno di mandorle, noci, melograni, castagne e fichi secchi, biscotti detti “Ossa ri muortu“ e la dolcissima Frutta Martorana fatta con pasta di mandorle dipinta, che le mamme o le nonne preparavano per i propri bambini.

E poi caramelle, cioccolatini e filamenti dorati o argentati che rendevano ancora più colorato il festoso cesto. I giocattoli invece consistevano in: pistole, spade, fucili, tamburi per i maschietti, mentre per le bambine: bambole, passeggini e pentoline.


La mattina del 2 novembre, il giorno della festa dei morti, i bambini s’alzano già pronti per iniziare la caccia al tesoro in giro per la casa, dopo avere recitato la supplica:

Armi santi, armi santi,
Iu sugnu unu e vùatri síti tanti:
mentri sugnu ‘ntra stu munnu di guai
Cosi di morti mittitimìnni assai.

Alla fine del gioco, si va al cimitero a portare fiori ed accendere grossi ceri e lumini accanto alle lapidi dei parenti passati a miglior vita.


L’origine e il significato di quest’usanza ci portano molto indietro nel tempo, si collega certamente a culti greco-romani e al banchetto funebre; un tempo comune a tutti i popoli del bacino del Mediterraneo.

Sono tutti sereni e sorridenti, e tutti i bambini giocano proprio tra le tombe per far vedere che il regalo è stato ricevuto e apprezzato. I parenti defunti sono tornati a trovarci e lo rifaranno l’anno prossimo.

Tutti ormai sanno che i morti non portano nessun dono. Sarà anche vero, però si è perso quel velo di mistero gioioso che aleggiava in tutte le case di un tempo.


> Video: la festa nella memoria di Andrea Camilleri

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