Villa Valguarnera di Bagheria.
Residenza estiva delle nobili famiglie dei Valguarnera e degli Alliata.
Nonostante la sua denominazione, villa Valguarnera appartiene da secoli alla famiglia Alliata principi di Villafranca. Così la scrittrice Dacia Maraini, figlia di Topazia Alliata, nel libro ‘‘Bagheria’‘ descrive il suo arrivo alla sfarzosa dimora bagherese:
”[…] siamo saliti a piedi su per il viale che porta alla villa, lasciando la macchina fuori dal cancello. Il viale è in salita, prima procede dritto e poi improvvisamente fa una curva, passa sotto una terrazza sostenuta da alte arcate e riprende tra due file di tamerici, in mezzo a cui si alza qualche alberello del cosiddetto scopazzo. […] Ed ecco che, dopo avere camminato per un altro centinaio di metri, alzando gli occhi ci si trova davanti la villa Valguarnera in tutta la sua bellezza. Un corpo centrale a due piani, con un seguito di finestre, vere e finte, che scorrono seguendo un ritmo giocoso e severo. Dal corpo centrale partono due ali piegate in modo da formare un semicerchio perfetto.
Una volta le ali erano fatte di archi che si susseguivano con un ritmo spericolato, lievissimo. Questo ai tempi di Marianna Valguarnera che trasformò la ”casina” di caccia del padre in una villa. E parlo dei primi del ‘700. Poi gli archi sono stati murati per farne delle stalle, dei pollai ed in seguito degli appartamenti e dei garage. Al centro del corpo centrale un viluppo di scale, che si protendono ad arco, salgono verso il primo piano con una voluta elegante, dando leggerezza e plasticità all’intera facciata.
Le due ali laterali stringono in un abbraccio gentile un cortile che, nella sua perfetta simmetria, suggerisce l’idea di una sala da concerto. Le sproporzioni sono di una armonia studiata e felice, rivelano quel gusto del teatro e della geometria che era tipico del secolo dei lumi. […] Molte delle finestre che danno sulle due ali sono finte dipinte sulla parete, con le loro ante, i loro vetri semiaperti, le loro figure in contemplazione, secondo l’uso barocco del trompe-l’oeil, il quale non è altro che piacere della rappresentazione. […]
Lungo i bordi del tetto di villa Valguarnera si alzano delle statue che sfidano con i loro gesti graziosi e teatrali il ciel sempre lucido e setoso di Bagheria. Dei putti armati di frecce, delle Veneri più grandi di una persona, dei Nettuni, dei Centauri che visti dal cortile, assumono l’aria di immobili e incombenti divinità protettive”.
L’edificio descritto dalla Maraini – che qui visse alcuni anni della sua infanzia al ritorno dal Giappone – fu progettato nel 1708 dall’architetto P. Tommaso Maria Napoli per Marianna Gravina principessa di Valguarnera, continuato dal figlio Francesco Saverio e infine dalla nipote Marianna Ucrìa, che lo completò nel 1783. La villa si trova a Bagheria, luogo di villeggiatura per i nobili palermitani del XVIII secolo, su una piccola collina alta circa 165 metri trasformata in un giardino pensile con annessi teatri, scuderie, cappella, padiglioni, fontane e statue inserite all’interno di un parco grande oltre 20 ettari con vista sui golfi di Palermo e di Termini Imerese.
Considerata da Giuseppe Pitrè la più sontuosa fra le residenze bagheresi, il complesso rappresenta un unicum nel suo genere nonostante il parziale degrado dovuto agli abusi edilizi degli anni ’70 – ’80. Delle monumentali proporzioni aeree e geometriche che ne costituivano l’originaria planimetria, si conserva un’incisione a Palazzo Alliata di Villafranca a Palermo. Edificata e impreziosita da illustri architetti ed artisti del XVIII secolo, elogiata da Goethe, imitata dagli architetti Schinkel e Dufourny, furono tanti i personaggi illustri che qui vi soggiornarono; tra gli altri, nel 1799, Maria Carolina d’Austria, regina di Napoli e di Sicilia, consorte di Ferdinando III di Borbone, che qui abitò per qualche tempo nell’appartamento nord della villa.
Residenza estiva della famiglia siciliana dei Valguarnera, discendenti degli antichi re Goti e signori del feudo di Valguarnera in Catalogna, fu a seguito del matrimonio tra Agata Valguarnera e Giuseppe Alliata – agli inizi del XIX secolo – che il ramo della famiglia dei principi di Gangi e di Gravina confluì definitivamente negli Alliata di Villafranca che ancora oggi mantengono la proprietà della villa Valguarnera di Bagheria. Un secondo ramo dei Valguarnera, invece, quello dei duchi dell’Arenella e dei principi di Niscemi, sopravvisse per tutto l’Ottocento e il Novecento.
All’enigmatica figura di Marianna Valguarnera, nobildonna dalla grande personalità e cultura, vittima di una violenza a 6 anni, muta per lo shock subito e poi costretta a sposare lo zio “orco”, Dacia Maraini ha dedicato il suo romanzo di maggior successo “La lunga vita di Marianna Ucrìa”. Chiusa nel suo silenzio a villa Valguarnera a Bagheria, Marianna trascorreva le sue giornate in compagnia dei libri ed è grazie a dei suoi ritratti che ne conosciamo anche le fattezze.
“Rientriamo nel salone. I miei occhi cadono sul grande quadro dell’antenata che ricordo vagamente nei miei vagabondaggi infantili per la villa. È lei, Marianna, a grandezza naturale, chiusa in un vestito rigido, da cerimonia, con la croce di Malta dei grandi Nobili sul petto. I capelli gonfi, grigi, su cui spicca una rosa stinta, qualcosa di risoluto e disperato nei suoi grandi occhi chiari. Le spalle scoperte, le braccia fasciate dalle maniche trasparenti. Anche la zia Felicita nel suo libro parla di questo quadro, ammirata: “Elengantissima in guardifante, ha la lunga vita appuntita a cono sull’abito di broccato argenteo a fini disegni in colori tenuissimi; dalla scollatura alla punta spicca una grande croce argentea ricamata sul triangolo di velluto nero che forma il davanti della vita.
La caratteristica croce di Malta che solo i nobili di sangue purissimo, con quattro quarti di nobiltà, possono portare. Grossi brillanti alle orecchie e altri sparsi sulla appena incipriata gonfia e liscia acconciatura dei capelli che lascia scoperta la vasta fronte con una rosa da una parte, in alto. Un grosso solitario all’anulare e nessun altro gioiello. Tiene in mano un foglio, che lo scrivere era il suo unico modo di esprimersi. Era nominata: la muta”.
Il ritratto di Marianna Valguarnera Ucrìa, descritto da Donna Felicita e poi da Dacia Maraini, sfortunatamente non si trova più a villa Valguarnera. Del quadro non si hanno più notizie dalla fine degli anni ’80, anni in cui si contarono molteplici saccheggi alla villa. Oggi si conservano solo due ritratti della principessa, una a Palazzo Gangi Valguarnera, il set cinematografico del celebre film “Il Gattopardo”, e un’altra nel Salottino Rosa di Palazzo Alliata di Villafranca a Palermo.
> di Laura Longo
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